Il telefonino rivisitato
Chi ha a cuore la propria libertà può sfruttare i mille usi che lo strumento consente, salvo quello telefonico
Agli inizi degli anni Novanta, quando i telefonini cellulari erano ancora in
possesso di poche persone, ma queste poche già rendevano atroce un viaggio
in treno, avevo scritto una Bustina, piuttosto irritata. Dicevo in sintesi
che il telefonino avrebbe dovuto essere consentito solo ai trapiantatori d\'organi,
agli idraulici (in entrambi i casi persone che per il bene sociale debbono
essere reperite ovunque e all\'istante), e agli adulteri. Per il resto, specie
nei casi in cui signori altrimenti impercettibili vociavano in treno o all\'aeroporto
a proposito di azioni, profilati metallici e mutui bancari, era anzitutto segno di inferiorità
sociale: i veri potenti non hanno telefonini ma 20 segretari che filtrano le comunicazioni,
mentre ha bisogno di telefonino il quadro intermedio che deve rispondere
a ogni istante all\'amministratore delegato, o il piccolo faccendiere al quale
la banca deve comunicare che il suo conto è in rosso.
Da allora anzitutto è cambiata due volte la situazione degli adulteri:
in una prima fase essi hanno dovuto rinunciare a questo riservatissimo strumento perché,
non appena l\'acquistavano, ecco che il coniuge era messo in legittimo sospetto;
in una seconda fase la situazione si è di nuovo ribaltata perché, visto che ormai
il telefonino lo avevano tutti, non era più irrefutabile indizio di relazione adulterina.
Ora gli amanti possono usarlo, ma a patto di non aver storie con personaggi
in qualche misura pubblici, perché in tal caso la comunicazione sarà sicuramente intercettata.
Nulla di cambiato per l\'inferiorità sociale (ancora non risultano foto di Bush
col telefonino all\'orecchio), ma sta di fatto che il telefonino è diventato strumento di
comunicazione (eccessiva) tra mamme e figli, di frode agli esami di maturità,
di fotomania compulsiva; le giovani generazioni stanno abbandonando l\'orologio
da polso perché l\'ora la vedono sul telefonino; si aggiunga la nascita dei messaggini,
delle informazioni giornalistiche minuto per minuto, del fatto che col telefonino
ci si può collegare con Internet e ricevere posta elettronica senza fili, che nelle sue
forme più sofisticate esso funziona non solo da agenda ma anche da computer da tasca,
ed ecco che si è in presenza di un fenomeno socialmente e tecnologicamente fondamentale.
Si può ancora vivere senza telefonino? Visto che \'vivere-per-il-telefonino\' implica
una adesione totale al presente e un furore del contatto che ci priva di qualsiasi
momento di riflessione solitaria, chi ha a cuore la propria libertà
(sia interiore che esteriore) può sfruttare moltissimi servizi che lo
strumento consente, salvo l\'uso telefonico. Al massimo si può accenderlo solo
per chiamare un taxi o comunicare a casa che il treno ha tre ore di ritardo,
ma non per essere chiamati (basta tenerlo sempre spento). Quando qualcuno
critica questa mia abitudine, rispondo con un triste argomento: quando è morto mio padre,
più di quarant\'anni fa (e dunque prima dei telefonini), io ero in viaggio
e sono stato contattato solo molte ore dopo. Bene, queste ore di ritardo non
hanno modificato nulla. La situazione non sarebbe cambiata anche se fossi stato
informato nel giro di dieci minuti. Questo vuol dire che la comunicazione
istantanea consentita dal telefonino ha poco a che vedere coi grandi temi della
vita e della morte, non serve a chi sta facendo una ricerca su Aristotele e
neppure a chi si arrovella sull\'esistenza di Dio.
Il telefonino è dunque privo d\'interesse per un filosofo (se non per portare in saccoccia una
bibliografia di tremila titoli
su Malebranche)? Al contrario. Ci sono certe innovazioni tecnologiche che
hanno cambiato la vita umana a tal punto da diventare argomento per
la filosofia - e basti pensare all\'invenzione della scrittura (da Platone a Derrida)
o all\'avvento dei telai meccanici (vedi Marx). Curiosamente c\'è stata poca filosofia
su altre mutazioni tecnologiche che ci paiono così importanti, per esempio l\'automobile
o l\'aeroplano (anche se si è riflettuto sul mutamento dell\'idea di velocità).
Ma è che l\'automobile e l\'aereo (se non siamo tassisti, camionisti o piloti)
li usiamo solo in certi momenti, mentre la scrittura e la meccanizzazione
della maggior parte delle attività quotidiane hanno cambiato radicalmente ogni
istante della nostra vita.
A una filosofia del telefonino dedica ora un libro Maurizio Ferraris (Bompiani editore).
Dovrebbe apparire a inizio settembre, mentre questa Bustina uscirà una settimana prima.
Sono contrario (anche come autore) alle recensioni in anticipo: il lettore viene incuriosito dal libro, va a chiederlo in libreria,
si sente dire che non c\'è ancora, dà la colpa all\'inettitudine del libraio,
nei giorni seguenti legge recensioni di altri libri, e si lascia prendere da
altre curiosità. Pertanto, mentre sto finendo di leggere questo libro in bozze,
mi riservo di riparlarne in una seconda Bustina. Anche perché, se il titolo
(\'Dove sei? Ontologia del telefonino\') lascia sospettare uno scanzonato divertimento,
Ferraris trae invece da questo oggetto una serie di riflessioni molto serie e
ci coinvolge in un gioco filosofico piuttosto intrigante.