Perciò, mi sono armato di pazienza, ed ho verificato personalmente lo stato dell'applicazione della stessa. Risultando del tutto impossibile fare una qualsiasi statistica, per tentare di orientarmi nel mare magnum della rete mi sono limitato a verificare se vi fosse stato l'adeguamento alla normativa in discorso sui siti istituzionali delle Camere, del Governo e dei ministeri italiani, su quelli della SIAE, della FIMI e dell'ANICA, sui siti italiani delle maggiori case editrici e discografiche, nonché su alcuni siti di e-commerce.
I siti delle Camere, della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei singoli ministeri non sembra siano stati adeguatamente posti a regime: l'informativa - benché la legge disponga che essa debba essere adeguatamente visibile - non la si vede neppure cercandola. E del resto è noto che - con un (prevedibile) colpo di teatro - l'eurodeputato radicale Marco Cappato ha già provveduto a denunciare il Ministero dei beni culturali (sulla cui poltrona siede proprio l'on. Giuliano Urbani), per la violazione della legge da lui stesso voluta.
I siti della SIAE e della FIMI hanno del tutto ignorato la disciplina posta dalla legge Urbani, visto che è praticamente impossibile individuare la prescritta informativa. La circostanza mi ha lasciato perplesso, visto che sono stati due tra gli enti che maggiormente hanno spinto per ottenere l'approvazione della legge Urbani. Il sospetto è che tali enti - visto che hanno dimostrato di poter ottenere l'approvazione di leggi di loro gradimento - si sentano talmente forti da ritenere di essere sottratti all'osservanza di quelle stesse leggi. Comunque sia, l'impressione che se ne trae è di un legalismo di facciata, che invoca il rispetto delle leggi sul diritto d'autore solo per gli altri. È una condotta gravemente contraddittoria, oltre che illegale, che non giova all'autorevolezza - già da molto tempo in crisi, in verità - di tali enti.