Roma - E così apprendiamo, dalle parole del CNIPA, che a quattro anni dall'entrata in vigore della legge Stanca e a tre dalla emanazione dei criteri attuativi, su 1.426 home page di siti di pubbliche amministrazioni centrali, soltanto 42 rispettano 8 dei 22 requisiti tecnici di accessibilità fissati dal Decreto Ministeriale del 2005. Viene da chiedersi: e le centinaia di migliaia di pagine interne? Ma soprattutto: e le amministrazioni periferiche (Regioni, Province, Comuni, Comunità Montane ecc.), infinitamente più numerose di quelle centrali? Non si sa. Pur su una platea così esigua, il CNIPA è così costretto a prendere atto che ad oltre quattro anni dall'emanazione della Legge Stanca ed a circa tre anni dalla sua entrata in vigore non sono ancora soddisfacenti i risultati raggiunti su questo fronte dalla Pubblica Amministrazione Centrale e da quella Locale. Ciò nonostante, la colpa non sarebbe della legge - che anzi possiede un impianto normativo ben strutturato, peraltro molto apprezzato ed assunto a modello anche a livello europeo - ma della classe dirigente.
Che la legge sia ben scritta è opinione altamente opinabile. Senza pretesa di esaustività, ricordiamone cinque peccati capitali:
1. la legge non contiene una norma che dica espressamente che i siti delle pubbliche amministrazioni devono essere accessibili;
2. sono i contratti stipulati dalle pubbliche amministrazioni, dice la legge, che devono prevedere il rispetto dei ventidue requisiti tecnici, così che un'amministrazione che realizza un sito internamente non è costretta a realizzare un sito accessibile;
3. la sanzione della nullità assoluta del contratto è talmente spropositata rispetto alla violazione da essere inapplicabile. Di più, la legge non dice cosa succede nel caso in cui, pur firmato, il contratto non sia rispettato e il sito inaccessibile, rimettendo il tutto alla buona volontà delle amministrazioni;
4.per individuare i soggetti tenuti all'applicazione delle legge, si è scelta la via - pessima - da un lato di rifarsi alla nozione di pubblica amministrazione contenuta nel Testo Unico del Pubblico Impiego (complessa per la sua parte) e, dall'altro, di elencare alla rinfusa i soggetti di cui al primo comma dell'articolo 3, senza alcuna organicità. Dubito molto che gli estensori della disposizioni si rendessero conto di cosa stavano parlando;
5. la legge è a costo zero. Il che significa che reperire i soldi per la sua attuazione è compito dei diretti interessati. Che poi questo avvenga, come qualcuno ha suggerito, con dei risparmi (come diminuire il numero delle pagine pubblicate, affermazione che non vale la pena commentare), piuttosto che in altro modo, sono problemi loro.
Insomma: come ha scritto il maggior esperto di accessibilità italiano, Michele Diodati, in Accessibilità, Guida completa (Apogeo, 2007):
così com'è oggi, la legge italiana sull'accessibilità, per quanto sia e resti una manifestazione importante e lodevole di volontà politica contro una delle forme di discriminazione più sottili e insidiose (quella che vincola l'accesso ai servizi informatici al possesso di determinate abilità fisiche o cognitive), non è in grado di produrre gli effetti sperati. Troppi sono i soggetti che possono legalmente ignorare l'applicazione dei requisiti di accessibilità e poco efficaci si sono rivelate, almeno finora, anche le misure sanzionatorie e di controllo.
Leggere, alla luce delle indicazioni dello stesso CNIPA, di "nuove azioni normative (...) che diano nuovo slancio all'adeguamento da parte della Pubblica amministrazione e che consentano di raggiungere l'obiettivo fissato dalla Conferenza Ministeriale di Riga, ovvero la piena conformità di tutti i siti della Pubblica amministrazione entro il 2010", è cosa che da un lato fa sorridere (siamo a maggio 2008...) e da un lato (come giuristi) spaventa, se le premesse sono quelle che abbiamo detto e se si vuole risolvere il problema semplicemente estendendo la portata delle norme esistenti.
Alla legge Stanca urge un tagliando di controllo a 360° che coinvolga, come in tutti i processi di revisione normativa, la platea più ampia possibile di soggetti interessati, a partire dalle pubbliche amministrazioni locali, ma soprattutto mettendo in campo una seria riflessione sulla qualità della legge, sulla praticabilità dei suoi obiettivi, sulla bontà delle tecniche legislative utilizzate per raggiungerli. Se tutto ciò sarà delegato a persone digiune di diritto, è ragionevole immaginare che il risultato sarà peggiore di quello attuale. Nessuno nega che le pubbliche amministrazioni abbiano la loro parte di colpa nella mancata attuazione della legge. Ma un conto è applicare una norma ragionevolmente ben scritta, e un conto applicare una legge che non contiene la più elementare delle disposizioni: ossia che i siti delle pubbliche amministrazioni debbono essere accessibili.