L'obiettivita di moltissimi o quasi tutti i giornalisti quando ce di mezzo la juve o qualcuno che le appartiene va a farsi fottere del tutto guardate cosa scrive sto...
Mi sono ricordato di un articolo di Ziliani di due mesi fa. A breve gli scriverò una mail, ma sarebbe bello s*******rlo in maniera più grandiosa.
Scommettiamo sull'Italia
di Paolo Ziliani
16/5/2006
C’è una canzone dello Zecchino d’Oro che s’intitola “Il lungo, il corto e il pacioccone”. Ebbene, il club Italia sta preparando i bagagli per i Mondiali di Germania intonando in coro “Il bullo, il duro e il tontolone”: canzone ispirata alla figura di quelle tre autentiche colonne della nazionale che rispondono al nome di Buffon (il bullo), Cannavaro (il duro) e Lippi (il tontolone).
Il bullo. Che qualcosa non quadrasse nella stagione vissuta dal migliore – a detta di tutti – portiere del mondo, lo si era capito da un pezzo. Una ripresa dall’infortunio d’agosto (Trofeo Berlusconi) più difficoltosa del previsto; scintille continue con dirigenti e allenatore; un continuo dentro e fuori – che prosegue - tra campo e infermeria; le voci sempre più insistenti di un possibile trasferimento al Milan caldeggiato, anche, dalla fidanzata Alena Seredova. Il Buffon che avevamo sotto gli occhi non era più il ragazzo sorridente e scanzonato che eravamo abituati a vedere, e nessuno capiva il perché; adesso, qualcosa di più s’intuisce. Il portiere della Juventus e della nazionale serebbe indagato dalla procura di Parma con l’accusa di associazione per delinquere per aver effettuato scommesse senza autorizzazione e controlli (la compagnia: quella di Iuliano, Chimenti, Maresca e un quinto nome ancora top secret per motivi che capiremo presto). Si parla di somme ingenti puntate: e sembra che i giocatori juventini si siano addirittura svenati in occasione di Atalanta-Juventus 2-0 di Coppa Italia (Buffon in panchina, Chimenti in porta). Domanda: fermo restando che la presunzione d’innocenza è fuori discussione e bla e bla, è davvero il caso di andare in Germania col portiere più famoso del mondo schiacciato dal peso di un sospetto così tremendo?
Il duro. E che dire di Fabio Cannavaro, recentemente autocelebratosi su Vanity Fair come nuova icona del firmamento gay? Se ci passate l’espressione, il capitano della nazionale esce da questo finale di stagione con l’immagine rovinata e le ossa (degli avversari) rotte. Le intercettazioni hanno impietosamente fatto luce sulle modalità, perlomeno discutibili, con cui il difensore azzurro fece in modo di passare, due estati fa, dall’Inter alla Juventus. Una commedia napoletana alla Eduardo, sceneggiatura e regia di Luciano Moggi, personaggi in ordine di apparizione: Fabio Cannavaro, il campione conteso; Paco Casal, il cattivo consigliere; Marco Branca, il nemico numero 1; il Brindellone – alias Giacinto Facchetti – il nemico numero 2. Oh mamma mia!, come stava male, e quanti acciacchi aveva, il povero Cannavaro quando giocava (poco e male) nell’Inter! E che miracolo fu la scomparsa di tutti quei guai nel preciso momento in cui Fabio svestì la maglia nerazzurra per indossare quella bianconera: roba che nemmeno l’acqua di Lourdes! E ancora: la gamba rotta a Mudingayi al pronti-via di Juventus-Lazio, a centrocampo, con Fabio nemmeno ammonito da Paparesta, senza sentire il bisogno di chiedere scusa se non con 48 ore di ritardo, al telefono, dopo aver letto sui giornali il risentimento dei laziali per la sua indifferenza… Ci chiediamo: è questo l’uomo più indicato per portare al braccio, ai campionati del mondo, la fascia da capitano che fu – tanto per non far nomi – di Facchetti e Dino Zoff?
Il tontolone. E adesso parliamo di lui, Marcello Lippi, l’uomo che assomiglia a Paul Newman ma che rispetto a Paul Newman (la battuta è di Franco Rossi) capisce meno di calcio. La domanda che tutti si pongono è: ci è o ci fa? Più esattamente: cosa si deve pensare di un commissario tecnico che – vedi ultime intercettazioni – prende ordini da Moggi sul far giocare o non far giocare Cannavaro, obbedendo ai desiderata di Big Luciano e telefonandogli, il giorno dopo la partita, per dirgli “Visto come sono stato obbediente?”; cosa si deve pensare di questo signore brizzolato che conferma la sua incondizionata stima ai dirigenti della Juventus che pure, a quel che sembra, avevano messo in piedi la più grande truffa della storia del calcio italiano barando al tavolo di gioco con metodo brevettato, il tutto sotto gli occhi di un allenatore che evidentemente, in panchina, non vedeva e non si accorgeva mai di niente? Perché una cosa è certa: se la Juve di questi ultimi anni ha vinto gli scudetti nei modi che stiamo imparando a scoprire, persino reclutando al servizio della cupola moggiana giovani arbitri disposti a giurare fedeltà alla Causa, reclutamento eseguito in prima persona da De Santis, l’arbitro che avrebbe dovuto rappresentarci ai Mondiali (ci scappa da ridere!), come ha raccontato l’arbitro pentito Danilo Nucini; se la Juve vinceva così, che cosa dobbiamo pensare del suo allenatore che carico di gloria si è poi trasferito, sigari e bagagli, in nazionale? Delle due l’una: o Lippi sapeva, e allora avrebbe dovuto ribellarsi all’indegno stato di cose, denunciare tutto e andarsene; o non sapeva, e allora – come minimo –dovrebbe sentire oggi l’esigenza di dire: “Cari signori, scusate tanto, mi faccio da parte: forse è il caso che sulla panchina della nazionale si sieda un allenatore più presente a se stesso. Perché come avete visto io non c’era: e se c’ero, dormivo”. Morale della favola. “Il bullo, il duro e il tontolone”. La scampagnata azzurra ai Mondiali di Germania sta per cominciare e sul pulmann, come ai tempi delle gite scolastiche, si canta e si ride che è un piacere! A Casa Italia l’allegria regna sovrana perché, come diceva quello, la situazione è grave, ma non seria. Se non ci credete, chiedetelo al bullo (Buffon), al duro (Cannavaro) e al tontolone (Lippi).
Paolo Ziliani
e poi questo
L'ora di Sonetti
di Paolo Ziliani
> 18/5/2006
Come si diceva un tempo: clamoroso al Cibali! A 20 giorni dal mondiale l’Italia è senza allenatore. E’ stato lo stesso Lippi ad annunciarlo. Urge correre ai ripari. Cos’è successo? E’ presto detto. Nelle intercettazioni pubblicate oggi da Repubblica (pag. 25) è lo stesso Lippi, al termine di un lungo balletto telefonico, a giustificarsi con Fedele (il procuratore di Cannavaro che si lamenta perché Fabio è stato mandato in panchina in Italia-Bielorussia 4-3, giocata a Parma) pronunciando l’incredibile frase: “Guarda che non so’ mica io l’allenatore, eh?”. Non ci credete? Allora seguiteci. C’è una prima telefonata Moggi-Giraudo in cui Lucky Luciano, a proposito dei giocatori juventini in nazionale, dice: “No, beh… Camoranesi c’ha un po’ il ginocchio gonfio, gli ho detto a Marcello e gli ho detto anche di… di coso… gli ho detto anche di Cannavaro. Eh sì, esatto! Di non farlo giocare, lo mette in panchina perché sai, lui è appena rientrato, sennò va a finì che la nazionale ce li manda tutti mezzi… E poi, Zambrotta di fargli fa’ un tempo (…) Stasera mi telefona cosa, mi telefona Fedele, dice: sai c’è rimasto male Fabio… Allora guarda, visto che c’è rimasto male digli ‘na cosa, qui non siamo all’Inter, no? Il posto in nazionale non glielo leva nessuno. Gli interessi preminenti sono quelli della Juventus e non rompesse i coglioni”.
C’è poi un colloquio telefonico Moggi-Lippi a proposito del malcontento di Cannavaro.
LIPPI. Ci avevi parlato con Cannavaro poi?
MOGGI. Sì, glielo dissi. Dissi…
LIPPI. Ah, ci avevi parlato?
MOGGI. Si disse il quella maniera, e gli parlai.
LIPPI. Nooo, vai tranquillo, eh?
MOGGI. Però lui… però lui lo sai che ha fatto una cosa che non mi è piaciuta…
LIPPI. Cioè?
MOGGI. Ti ha fatto telefona’… Per cosa?
LIPPI. Mi ha fatto telefona’ da Fedele… Ah, perché lui in pratica doveva giocare… voleva gioca’ perché era a Parma, ma gli ho detto: guarda che non sono mica io l’allenatore, eh? Voglio dire, non…”.
E dunque finalmente è ufficiale: il commissario tecnico della nazionale azzurra, dopo Trapattoni, non è mai stato Lippi, ma era Moggi. Che anteponeva gli interessi della Juventus a quelli dell’Italia ordinando a Lippi chi far giocare e chi no (c’è addirittura un passo in cui suggerisce Pancaro al posto di Zambrotta!), a seconda delle esigenze del suo club, la Juventus. E il Bel Marcello, sempre sull’attenti! Fino al punto da giustificare una mancata convocazione di Del Piero con la scusa che per la Juve è meglio (“Se poi fa due gol, rompono i coglioni a Capello”); e fino ad arrivare al punto di giustificare l’esclusione di Cannavaro – lasciato in panchina nella città dove ha giocato una vita – dicendo al suo procuratore: “Guarda che non sono mica io l’allenatore”! Okay signori, abbiamo capito tutto! E abbiamo capito che è finalmente giunto il momento di correre ai ripari. Ora che sappiamo che il c.t. della nazionale era Luciano Moggi, e che Lippi era solo un suo prolungamento; ora che abbiamo visto il vero c.t. uscire di scena in lacrime dal mondo del calcio che gli ha ucciso l’anima; ora che sappiamo che i 23 azzurri in partenza per i Mondiali sono allo sbando, orfani di una vera guida, la nostra proposta è: MATTIAMO SONETTI IN NAZIONALE! Un allenatore vero, serio, che ha vinto molto in serie B e ha fatto bene, anzi benissimo, nei piccoli club che ha allenato in serie A (vedi ultima, brillante stagione a Cagliari). D'altronde, considerando le luci sinistre che le inchieste penali stanno gettando sui successi della Juve della Triade – quella di Moggi, Giraudo, Bettega e di Lippi in panchina -, noi un’idea ce la siamo fatta: che Sonetti, stringi stringi, ha vinto più di Lippi. E merita di guidare la nazionale rimasta orfana del suo vero commissario tecnico, che sulle orme di Pozzo, Bearzot e Sacchi era – incredibile ma vero - Luciano Moggi.
Paolo Ziliani