Giuliano Urbani si autoesalta
Il ministro Urbani fa il bilancio dei suoi primi tre anni di governo e rivendica come un grande successo la legge contro il peer-to-peer.
[ZEUS News -
www.zeusnews.it - L'occhio di Zeus, 04-09-2004]
E' settembre: tempo di uscita delle novità librarie nella narrativa e nella saggistica, anche i politici di destra e di sinistra contribuiscono a riempire gli scaffali delle librerie con propri testi.
Anche il ministro Giuliano Urbani, responsabile del dicastero dei Beni Culturali, ha voluto essere della partita con un libro-intervista o meglio "conversazione", con un importante giornalista del Corriere della Sera, Paolo Conti, specializzato in beni culturali per questo quotidiano.
Il libro dal titolo autoapologetico "Un liberale alla Cultura", dal sottotitolo "Polemiche e Prospettive", dichiara il tema: un bilancio di questi tre anni di direzione della politica culturale di Urbani ministro, dove per politica culturale si intende la tutela del paesaggio, dei monumenti, dei musei, del teatro e del cinema ma anche dello sport del nostro Paese.
Il libro è quasi tutto incentrato su un'autodifesa del ministro dalle accuse che lo hanno perseguitato per tutta la durata del suo mandato di voler dismettere il patrimonio artistico e monumentale italiano per fare cassa, alienandolo ai privati.
Il ministro ci rassicura che così non è; ne siamo felici, sperando che abbia ragione, che non si venderà niente di veramente importante sotto il profilo storico-artistico, che se lo si farà i privati saranno sottoposti a controlli e vincoli forti, che si venderanno principalmente vecchie e inutili caserme e che anzi lo Stato ha comprato per restaurarli diversi edifici monumentali sotto il suo Governo.
Urbani glissa sulla lite che ha avuto con Vittorio Sgarbi che pure avrebbe interessato tanto il pubblico per i suoi aspetti spettacolari, smentisce Berlusconi che sostiene che il centrosinistra gli abbia lasciato in eredità troppi debiti: afferma che il ministro Giovanna Melandri, suo predecessore, gli ha lasciato in eredità un sacco di soldi non spesi e.
Urbani non accenna minimamente alla minaccia di dimissioni che aveva avanzato prima dell'estate, se fossero passati i tagli minacciati da Siniscalco: in un'intervista ai giornali, Siniscalco aveva paventato la chiusura degli Uffizi di Firenze.
Una delle parti più clamorose della conversazione è quella in cui spiega come è diventato Ministro dei Beni Culturali: Berlusconi avrebbe pensato a lui per gli Esteri ma Urbani avrebbe risposto che per quel Ministero ci voleva un uomo esperto di diplomazia e la cui autorevolezza fosse riconosciuta all'estero: per questo avrebbe suggerito il nome dell'ambasciatore Renato Ruggiero e lo aveva convinto ad accettare.
Secondo Urbani, tutte le voci fondate che avevano fatto risalire la spinta a Ruggiero per accettare gli Esteri da parte del vecchio Gianni Agnelli sono da buttare via (tanto Agnelli non c'è più). Dalle parole di Urbani sembra trasparire che l'attuale responsabile della politica estera Frattini sia inadatto al ruolo, mancando dell'esperienza diplomatica e dell'autorevolezza riconosciuta a Ruggiero.
Ma veniamo alla Legge Urbani, quella per la tutela del cinema italiano, che include le norme contro la pirateria on line che prevedono la galera, fino a 4 anni, per chi scambia, scarica, riproduce musica e film dalla Rete anche per uso personale.
Urbani rivendica questo, orgogliosamente, come il primo intervento legislativo in Europa di questo tipo; alla domanda di Paolo Conte sulle grosse polemiche che hanno accompagnato l'approvazione del decreto risponde che il decreto è stato salutato con grande soddisfazione da tutto il settore.
Urbani non spiega chi sarebbe tutto il settore, se questo include o meno gli utenti di Internet, le centinaia di migliaia di persone che hanno protestato con e-mail, firme on line, lettere ai giornali, interventi nei forum dei principali quotidiani italiani o, invece, solo i rappresentanti delle case cinematografiche e dei discografici.
Urbani nel suo libro dimentica anche di dire che lui stesso aveva promesso al Parlamento una revisione in tempi brevi della legge, e che il Ministro Stanca ha istituito una Commissione di studio e proposta sulla tutela del copyright in Rete, a cui, evidentemente, Urbani non dà nessuna importanza.
Insomma Urbani se la canta e se la suona in un libro edito da Rizzoli e dal costo di 16 Euro: più che un liberale alla Cultura (comunque poco democratico nel tener conto dell'opinione pubblica) abbiamo un narcisista e un uomo di altri tempi, quando non avevano inventato Internet; ma forse Croce un po' più di impegno per capirla ce lo avrebbe messo.