Alcune tecniche di elaborazione delle immagini in radiologia
scheletrca

Premesse

L’epoca moderna è contrassegnata da due aspetti apparentemente contrapposti: la differenziazione e l’integrazione. La prima è conseguenza del progresso tecnologico-scientifico, il quale, per essere recepito, necessita di specializzazioni sempre più avanzate e sofisticate; la seconda consente di organizzare ed incanalare fra di loro le nuove fonti di conoscenza per migliorare discipline in passato considerate autonome.
S’impone, pertanto, un adeguamento continuo finalizzato alla ricerca di nuovi paradigmi capaci di gestire tali cambiamenti, peraltro, troppo spesso trascurati e/o ignorati in ambito dirigenziale.
La sempre maggiore diffusioni dei sistemi di comunicazione può favorire questa integrazione e spingere a riforme strutturali importanti anche in campo medico.
In una nota del luglio 2005 proposi - sottolineandone i vantaggi - un sistema che permettesse la diffusione capillare dei flussi informativi tra i vari presidi dispersi sul territorio capace, cioè, di riunire tra loro più strutture, dando origine a quello che potremmo definire un “Ospedale unico virtuale”. Esiste, inoltre, il problema di integrare fra di loro discipline assai diverse: è quanto avviene, ad esempio, nell’ambito della radiologia diagnostica e terapeutica dove è necessario un acculturamento di base poliedrico e dovrebbe esistere uno stretto connubio fra medici, informatici e fisici delle radiazioni.

Questa nota preliminare nasce dalla problematica, usando un normale computer, di migliorare la qualità e, pertanto, la sensibilità diagnostica di immagini radiologiche convenzionali digitali o, se analogiche, digitalizzate.

Materiale e Metodo

In un computer con sistema operativo Microsoft Windows è stato istallato un programma denominato GIMP (Immage Manipulation Program) dove la lettera iniziale G sta per GPL (General Public License). Esso fu ideato da Richard Stallman nel 1983, ma ha subito in seguito numerosi miglioramenti, con modifiche operate anche da ricercatori italiani. La versione da noi usata è denominata GIMP 2 e può essere caricata gratuitamente da INTERNET.
La nostra indagine, finalizzata ad ottenere informazioni maggiori da radiogrammi convenzionali, è stata rivolta ad un duplice indirizzo:
1) quello di manipolare i livelli di intensità dei grigi, sì da ottenere la migliore evidenziazione possibile di particolari altrimenti poco o non riconoscibili in radiogrammi con esposizione corretta, ma, soprattutto, in quelli dove una esposizione insufficiente od eccessiva crea problemi diagnostici;
2) di utilizzare dei canali colorimetrici offerti dal programma (prelevabili dalla cosiddetta palette o tavolozze) da abbinare alla scala dei grigi (256 livelli d‘intensità) con due possibilità:
a) l’uso di colori singoli (rosso, verde, blu ecc.) con immagini aventi livelli d’intensità comparabili a quelli dei grigi ma del colore prescelto;
b) l’impiego contemporaneo di più colori.
Nell’ambito delle tavolozze, infatti, è presente anche un’opzione di “Default” che comprende tutti i colori appartenenti alle lunghezze d’onda dello spettro visibile (dal rosso al violetto, con inclusi bianco, nero e grigio). Questa opzione ha solo 23 livelli d’intensità di colori diversi e, cioè, un numero inferiore a quelli della scala dei grigi: ne consegue che ciascun colore sostituisce più livelli di grigio, dando origine ad immagini multicolori che coprono selettivamente le zone di diversa densità. Peraltro, sono richieste precise indicazioni perché, in certi distretti, come ad es. l‘addome, non sono (al momento) da preferire alle immagini ottenibili con la comune scala dei grigi. Infatti la eccessiva sensibilità del metodo rende confuse le immagini. Nelle corrette indicazioni, si ottengono, invece, immagini multicolori di semplice interpretazione e con contenuto informativo maggiore rispetto a quelle monocolori e/o ottenute con i comuni livelli dei grigi.
Un altro colore, pure con 23 livelli, da noi usato è denominato “Gray Violet”. Esso, generalmente, migliora la qualità dei particolari nelle immagini ottenute usando i soli livelli d’intensità dei grigi.

Figura n. 1

Figura n. 2 a

Figura n. 2 b  Figura n. 2 c Figura n. 3 a


Figura n. 3 b 

Risultati

Nella figura n. 1 sono riportati i colori della tavolozza di “Default” . Come è possibile rilevare, il colore rosso segnala le zone di minore densità. Quelli che seguono indicano densità che sono progressivamente maggiori, con diversi livelli di grigi che precedono le varie sfumature del bianco. In ultimo si trova il colore nero che copre le zone di massima densità.
Dopo la installazione del programma e la visualizzazione dell’immagine (File ® Apri come livelli ® scelta della immagine da elaborare digitalizzata in memoria), la procedura per ottenere le tavolozze è la seguente:
FINESTRE ® PANNELLI AGGANCIABILI ® TAVOLOZZE.
Seguendo questa procedura le tavolozze si visualizzano sullo schermo ed è possibile selezionare il colore (ad es. quello del Gray Violet ) od i colori prescelti (ad es. quelli del “Default”).
Nella figura n. 2a è rappresentata una immagine di bacino sotto-esposta e, pertanto, con insufficiente contenuto informativo: in particolare, sono scarsamente riconoscibili le sacro-iliache, il passaggio lombo-sacrale e le articolazioni coxo-femorali. Per ottenere l’immagine dello stesso distretto osseo riportato nella fig. 2b la procedura da seguire è la seguente:
COLORI®AUTO®EQUALIZZA.
Per passare, infine, all’immagine della figura 2c si deve selezionare dalle tavolozze il colore “Gray Violet” e procedere con queste sequenze:
COLORI®MAPPA®MAPPA TAVOLOZZE.
Confrontando le tre immagini (fig, 2a,2b,2c), associate ai rispettivi istogrammi, è possibile constatare il netto progressivo miglioramento del contenuto informativo dalla prima alla terza: la figura 2b può essere paragonata ad una immagine radiografica normo-esposta e consente di riconoscere delle calcificazioni parietali lungo il decorso dell’arteria femorale di sinistra. Quella della figura 2c evidenzia chiaramente i fenomeni artrosici del passaggio lombo-sacrale e delle sacro-iliache, ma, soprattutto, delle minuscole immagini puntiformi iperdense nella testa del femore destro compatibili con piccoli focolai di necrosi asettica.
Passando, infine, alle figure n. 3a e 3b dove l’immagine 3b con falsi colori avviene con i seguenti passaggi dopo la selezione di “Default”: COLORI®MAPPA®MAPPE TAVOLOZZE, si rileva quanto segue:
1) nella figura 3b l’immagine cervico-trocantrica del femore destra, la cui densità è comparabile a quella della corticale diafisaria, è circondata da delle aree irregolari di minor densità (colore verde commisto al giallo) con una lacuna centrale grigio-verde (verosimile focolaio di necrosi) di densità ridotta;
2) nella regione diafisaria del femore destro è ben riconoscibile una immagine grigiastra compatibile con un focolaio rarefattivo distrettuale;
3)nella regione cefalica di sinistra si rilevano multiple lacune grigiastre riferibili, verosimilmente, a formazioni geodiche;
4) la regione trocanterica e cervico-diafisaria del femore sinistro, dove prevale il colore amaranto e verde, ha una densità minore e più estesa della corrispondente regione del femore destro;
5) sul versante interno della regione cefalo-metafisaria di sinistra l’immagine bianca di maggiore densità (frattura da durata?) appare meglio evidenziata e definita rispetto a quella rilevabile nella figura 3a;
6) la corticale diafisaria del femore sinistro è più sottile e distalmente meno estesa di quella del femore destro;
7) fra terzo medio e terzo prossimale della regione diafisaria sinistra è riconoscibile una chiazza di colore giallo e verde dovuto ad un focolaio di minore densità ossea.

Conclusioni

In questa nota preliminare abbiamo cercato di dimostrare come la elaborazione al calcolatore di certe immagini di radiologia tradizionale possa consentire un aumento del loro contenuto informativo. E’ nostra convinzione che tale metodo, con opportuni accorgimenti ed approfondimenti, possa divenire un nuovo utile presidio diagnostico.
Con adeguati algoritmi, inoltre, si dovrebbero potere semplificate ed/o automatizzate (come avviene in molti moderni sistemi elettronici) le attuali procedure alquanto laboriose.
Sottolineo, inoltre, che in questa nota sono state escluse delle modalità non ancora sufficientemente affidabili, ma potenzialmente importanti.
E’ ipotizzabile che in un futuro non lontano, come sta avvenendo in altre discipline, sia possibile disporre di sistemi recettivi in grado di poter raccogliere informazioni da un più vasto spettro di onde elettro-magnetiche e non solo dai raggi X: il risultato finale potrebbe essere quello di ottenere “in vivo” una maggiore sensibilità e specificità diagnostica.


Prof. Lanfranco Barbieri
Già Primario Radiologo del Civico Ospedale di Carrara
Via G. Oberdan n. 14, Pisa

Si ringraziano per la collaborazione offerta:
Il Prof. Sergio Steffè ed i ragazzi P.C.H. (Università di Pisa, Dipartimento di Matematica “L. Tonellii” );
La Sig.na Mara Serrano


Pisa, 24 Marzo 2011